Intervista a Pietro
Colucci, presidente e amministratore delegato di Kinexia, azienda quotata in
borsa che si occupa di ambiente e di Green Economy cioè dell’ambiente e della
Green Economy fa il suo business. E’ stato presentato il nuovo piano
industriale approvato dal cda.
Parliamo della Green
Economy e di come possa aiutarci a venire fuori dalla crisi ambientale ed
economica.
Il piano industriale,
in breve, in che cosa consiste?
Pietro Colucci: Tengo
molto all’idea della green Economy come driver di crescita e sviluppo del
nostro Paese ma anche come exit strategy dalla doppia crisi, come amiamo dire
noi operatori del settore, dalla crisi climatica e dalla crisi
economico-finanziaria.
Crisi climatica perché tutti i provvedimenti che riguardano
il mondo della Green Economy, in realtà, sono provvedimenti salvaguardia nella
direzione della lotta ai cambiamenti climatici. E’ sotto gli occhi di tutti, è
innegabile e anche la scienza l’ha fatto proprio come scenario, anche se nei
primi anni c’è stata una dibattuta questione, che i cambiamenti climatici sono
figli delle scelte atropiche cioè delle scelte dell’uomo. Quello che noi gli
vogliamo contestare e che vogliamo cercare di fermare è questa spirale negativa
che si è innescata.
Allo stesso tempo, visto che siamo un’azienda quotata e che
si rivolge agli investitori del mercato vogliamo essere in grado di conciliare
la creazione di profitto per i nostri investitori con una scelta di
sostenibilità economica, ma soprattutto ambientale e sociale.
Questo è il nostro modello di sviluppo. Quindi,
competizione, con un modo di fare impresa che sia etico e sostenibile.
Kinexia in cifre: ci
da qualche numero?
Pietro Colucci: Kinexia appartiene a un gruppo che si chiama
Sostenya, che si occupa da sempre di ambiente: è la parte di energie
rinnovabili del gruppo, che oggi apre anche al settore ambientale.
Kinexia in quanto tale è un azienda che si candida a fare
circa 100 milioni di euro di fatturato
l’anno per i prossimi tre anni, che impiega 100 persone; è un’azienda di
colletti bianchi non di operai perché è un’azienda tecnologica, che mette a
punto soluzioni tecnologiche a servizio delle energie rinnovabili e
dell’ambiente, quindi non è un’azienda che ha tanto personale, ha più che altro
intellighenzia, quindi competenze e know-how che intendiamo sviluppare sia a
livello domestico che all’estero.
Cosa fate
concretamente? Spieghiamolo a chi ci ascolta.
Pietro Colucci: Per la parte delle energie rinnovabili
facciamo energia eolica, quindi progettiamo, costruiamo e gestiamo impianti di
energia eolica, energia fotovoltaica, bioenergie al servizio del mondo
agricolo, producendo biogas e quindi poi energia da residuati della zootecnia e
del mondo agricolo, teleriscaldamento, cioè produciamo energia e poi calore che
poi vendiamo all’utenza per riscaldare le case di molti residenti della cintura
di Torino e ci occupiamo di efficienza e risparmio energetico. Questi sono i
cinque filoni del mondo delle energie rinnovabili.
Con questo piano lanciamo anche un nuovo comparto che è
quello ambientale (che in realtà per noi è un ritorno al passato, io sono stato
presidente di Assoambiente per cinque anni e per trent’anni ci siamo occupati
di ambiente); entriamo nel settore del recupero delle materie e del trattamento
finale di prodotti pericolosi che diversamente avrebbero poca possibilità di
essere smaltiti in Italia, visto che ci sono così pochi impianti.
Penso per esempio all’amianto, rimosso dai tetti delle case
e delle industrie; l’amianto va messo in sicurezza, in parte recuperato, ma
soprattutto trattato in termini finali cioè di smaltimento finale. Non può
essere incenerito, non può essere distrutto in altro modo, la quota di recupero
è veramente modesta perché è un materiale tossico, in quanto le polveri che vengono
dall’amianto, disperse nell’atmosfera, sono causa di tumori che tante disgrazie
hanno causato.
Voi avete delle
soluzioni?
Pietro Colucci: Noi abbiamo delle soluzioni: la maggior parte
di questo materiale oggi va all’estero. Noi creiamo che questa sia una filiera
dove si crea del valore e si creano anche delle competenze: giacchè noi
rimuoviamo dai tetti, quando montiamo gli impianti fotovoltaici, anche amianto
abbiamo l’obiettivo di internalizzare questa filiera che crea valore nazionale
e anche competenze.
In questo senso entriamo nell’ambiente, cioè nella parte
dell’ambiente che è complementare alle energie rinnovabili: vogliamo che il
nostro core business rimanga però il mondo delle energie rinnovabili.
Avete annunciato
anche un processo di internazionalizzazione però, quindi dall’Italia vi muovete
verso l’estero?
Pietro Colucci: Ancorchè sia sempre motivo di critiche,
quello che Marchionne dice è assolutamente vero: in questo momento di crisi
vince chi accetta la sfida dell’internazionalizzazione. Non tutte le imprese
hanno le competenze, le risorse e la mentalità per farlo, noi fortunatamente
abbiamo queste competenze, queste risorse e soprattutto un management capace,
che viene anche da un’esperienza internazionale; vogliamo esportare l’expertise
e il know-how che siamo riusciti a realizzare a livello nazionale, in Paesi
dove le tecnologie che in Italia sono magari desuete, lì sono ancora molto
funzionali e molto adatte, in Paesi dove la grande crescita obbliga ad attività
di smaltimento che devono essere per forza a basso costo. Su questo noi abbiamo
ancora la possibilità di esportare le nostre tecnologie.
Quindi Green Economy
e Green Wash non sono mode positive e negative?
Pietro Colucci: Green Wash noi lo consideriamo un termine
“deteriore”, perché il green washing è esattamente quello che fanno le imprese
per darsi un’immagine verde laddove la manifattura di beni e servizi rimane
ancora nell’ombra e nel buio. Noi invece vogliamo lavorare alla luce del sole e
in modo trasparente.
E’ il nostro slogan, avere gli occhi verdi non è un fatto
ereditario, significa guardare alle prospettive del Paese in una luce diversa:
chi è in grado di adottare questa scelta, è in grado di fare le scelte su cui
noi siamo già sintonizzati, chi non lo è, è destinato a lavorare sul mordi e
fuggi cioè coglie delle opportunità oggi, magari relative a degli incentivi
particolarmente generosi e poi sparisce dal mercato; non è il nostro destino.
La White Economy,
invece, cos’è?
Pietro Colucci: La White Economy è quella che riguarda il
mondo dell’efficienza energetica. Agganciato a questo settore, il risparmio
energetico è stimato, dalla Strategia Energetica Nazionale appena varata dal
governo Monti, come una riduzione di costi per il Paese stabile intorno al 24%,
cioè, ristrutturando il nostro modo di fare industria ma anche il modo di
vivere le nostre città, potremmo abbassare il costo della bolletta nazionale
del 24%. Questa è la sfida dei prossimi anni: invece che produrre soltanto in
un modo diverso, anche cercare di risparmiare consumando meno o consumando
meglio. Questo è l’obiettivo.
Quindi anche le
energie alternative non sono una moda ambientalista, c’è della polpa.
Pietro Colucci: C’è valore per gli investitori, questo si. E’
chiaro che gli investitori non devono ragionare nell’ottica degli anni scorsi;
molti operatori della Green Economy sono stati criticati perché gli incentivi
erano eccessivi. Molte volte sono stati anche gli investitori e le banche stessi
ad approfittare di una situazione di facilità. Tenete presente che noi
lavoriamo sul fotovoltaico con il doppio dell’irraggiamento tedesco e con
incentivi che solo adesso sono diventati come quelli tedeschi, fino a qualche
mese fa erano quasi il doppio rispetto a quelli tedeschi.
L’aspettativa deli operatori deve essere quella di lavorare
con margini industriali che siano compatibili con le risorse che il Paese ha da
mettere a disposizione, quindi che rendano un servizio alla nostra comunità. Se
questo non è, è sbagliato l’approccio. Bisogna ritornare a una sobrietà: sobrio
è il contrario di ebbro, l’ubriacatura
degli anni scorsi va dimenticata.
Oggi il consumo di energia elettrica viene in buona parte
proprio da energia alternativa.
Pietro Colucci: L’obiettivo del Governo è arrivare addirittura
al 38% al 2020; significa che l’energia rinnovabile dal punto di vista
elettrico, diventano la prima fonte di produzione energetica nazionale. E’ un
successo incredibile, è una palla su un piano inclinato.
Quando è cominciato il meccanismo della Green Economy
nessuno sarebbe stato in grado di stimare quello che sarebbe successo. E’ il
driver di un cambiamento epocale, quello che in effetti vedremo nei prossimi
15/20 anni. Secondo me, è un futuro da tenere ben d’occhio.
Siete collocati su
un’area dal forte up-side, cioè dalla forte capacità di crescita.
Pietro Colucci: Non per caso.
Quali sono le ragione
per cui investire nel vostro titolo in borsa? Perché conviene?
Pietro Colucci: Posso dire che in questo momento purtroppo,
anche per colpa del deprezzamento dei titoli di borsa in generale, noi oggi
abbiamo una sottocapitalizzazione rispetto al valore reale. Per cui oggi,
comprare azioni di Kinexia, in relazione al piano che abbiamo presentato, un
piano che garantisce continuità e risultati, è un valore in questo momento
sottostimato rispetto al valore reale quindi è un investimento interessante. In
più, ai prezzi attuali, noi abbiamo promesso agli investitori un dividendo, una
resa d’investimento vicina al 6% che in questo momento, nonostante i BTP siano
saliti molto è di tutto rispetto e lo facciamo distribuendo soltanto il 25/30%
degli utili netti attesi perché la restante parte andrà al servizio del piano e
delle sue esigenze.
Quindi crediamo che sia una buona opportunità.
Ovviamente poi starà agli investitori decidere.